Atti degli apostoli cap14

                              Cap.14                            
Avvenne poi in Iconio che secondo il solito entrarono loro nella sinagoga dei Giudei e parlarono così che credette una grande folla di Giudei e di Greci. 2 Ma i Giudei che avevano rifiutato eccitarono e guastarono gli animi dei Gentili contro i fratelli. 3 Un certo tempo dunque trascorsero parlando con franchezza nel Signore, rendente testimonianza alla parola della sua grazia, dante di operare per le loro mani segni e prodigi. 4 Si divise allora la moltitudine della città, e alcuni erano con i Giudei, altri invece con gli apostoli. 5 Ma quando ci fu l’assalto dei Gentili e dei Giudei con i loro capi per ingiuriare e lapidare loro, 6 avendolo compreso fuggirono nelle città della Licaonia a Listra e a Derbe e nel territorio circostante, 7 e lì erano annuncianti la buona notizia. 8 E un uomo impotente in Listra sedeva ai piedi, zoppo dal ventre della madre sua che mai aveva camminato. 9 Questi udì Paolo parlante; che avendo guardato fissamente lui e vedendo che aveva fede di essere salvato, 10 disse con grande voce: Alzati diritto sui tuoi piedi!  
E saltò e camminava. 11 Le folle avendo visto ciò che aveva fatto Paolo alzarono la loro voce in licaonico dicenti: gli dei fatti simili agli uomini sono scesi presso di noi; 12 e chiamavano poi Barnaba Giove, invece Paolo Ermete poiché egli era il portante la parola. 13 Il sacerdote del tempio di Giove, quello che è davanti alla città, avendo portato tori e ghirlande con le folle voleva sacrificare. 14 Avendo udito allora gli apostoli Barnaba e Paolo, avendo strappato le loro vesti, balzarono su verso la folla gridando 15 e dicendo: Uomini, perché fate queste cose? Anche noi di natura siamo simili a voi uomini annuncianti a voi la buona notizia di ritornare da queste cose, quelle vane, al Dio vivente che ha fatto il cielo e la terra e il mare e tutte le cose che sono in essi: 16 che nelle passate generazioni permise a tutte le genti di camminare per le loro vie. 17 Tuttavia non senza testimonianza lasciò se stesso operando il bene, dando a voi le piogge dal cielo e tempi portanti frutto, riempiendo di cibo e di letizia i vostri cuori. 18 E dicendo queste cose a stento distolsero le folle affinchè non sacrificassero a loro. 19 Giunsero poi da Antiochia e da Iconio dei Giudei e avendo convinto le folle e avendo lapidato Paolo lo trascinarono fuori dalla città ritenendo lui essere morto.
20 Avendo circondato allora i discepoli lui, essendosi alzato entrò in città. E l’indomani andò con Barnaba a Derbe.
21 Avendo annunciato la buona notizia a quella città e avendo fatto discepoli molti ritornarono a Listra e a Iconio e ad Antiochia 22 fortificando gli animi dei discepoli, esortandoli a rimanere nella fede e che attraverso molte tribolazioni è necessario per noi entrare nel regno di Dio. 23 Avendo designato poi per loro in ogni chiesa degli anziani, avendo pregato con digiuni affidarono loro al Signore in cui avevano creduto. 24 E avendo attraversato la Pisidia vennero nella Panfilia 25 e avendo parlato la parola in Perge scesero in Atalia 26 di là salparono per Antiochia, da dove erano stati consegnati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuto. 1122
27 Essendo poi giunti ed avendo radunato la chiesa annunciarono quanto aveva fatto Dio con loro e che aveva aperto alle genti la porta della fede. 28 Dimorarono poi non poco tempo con i discepoli.

 

 

 

Avvenne poi in Iconio che secondo il solito entrarono loro nella sinagoga dei Giudei e parlarono così che credette una grande folla di Giudei e di Greci.
È consuetudine degli apostoli annunciare il Vangelo non in qualsiasi luogo, ma innanzitutto nelle assemblee del popolo di Dio.
Non è gradito a Dio un parlare fuori luogo e fuori tempo: nessuna violenza ci deve essere riguardo all’ascolto e deve essere garantito un minimo di interesse per la Parola.
È nella Chiesa e in chiesa che si parla delle cose di Dio per spiegare, confutare, contendere con coloro che distorcono il senso delle Scritture.
La Chiesa in senso spirituale e materiale è garanzia di rispetto per la libertà del singolo: liberamente si partecipa alle assemblee convocate, liberamente si aderisce, liberamente si abbandona.
Non trova giustificazione alcuna la preoccupazione per coloro che non possono ascoltare perché si trovano o  sono trovati fuori dalla chiesa.
Di fatto il messaggio arriva lontano e nella chiesa del Signore entrano anche i  Gentili.
Non c’è bisogno di alcuna rincorsa: vengono da soli, spinti e attirati dallo stesso Signore. Importa innanzitutto che la chiesa sia presente per un annuncio in verità anche se i mezzi e le strutture sono molto povere. credette una grande folla di Giudei e di Greci.
Cose di altri tempi. Perché oggi nulla di simile accade? Eppure la Chiesa è ben visibile nelle sue monumentali costruzioni e la sua voce ha raggiunto i confini del mondo.
Dall’annuncio di un piccolo gruppo di apostoli è nata una grande folla di credenti Giudei e Greci.
Oggi tutto va in senso contrario. Le chiese si svuotano sempre di più.
Vi è la responsabilità di tutti e di ognuno: degli uomini che non cercano più il Signore, degli apostoli che non annunciano più nella potenza dello Spirito Santo.
2 Ma i Giudei che avevano rifiutato eccitarono e guastarono gli animi dei Gentili contro i fratelli.
Non tutti accolgono la Parola di salvezza.
Non c’è successo così grande e così pronto che non venga subito contrastato dal Diavolo e dai suoi figli.
Coloro che non credono all’annuncio non se ne vanno semplicemente per una strada diversa. Rimangono nella chiesa, per fare danno e confusione, per creare smarrimento nei cuori dei neofiti. E tutto questo in un contesto che vuole essere all’insegna della fratellanza portata dallo stesso Cristo.
3 Un certo tempo dunque trascorsero parlando con franchezza nel Signore, rendente testimonianza alla parola della sua grazia, dante di operare per le loro mani segni e prodigi.
Le conversioni operate in virtù dell’annuncio devono essere confermate e rafforzate dallo stesso annuncio. Si deve approfondire il significato della Parola, senza fretta di concludere presto il discorso e di correre altrove.
Soltanto in un contesto di assidua predicazione e di assiduo ascolto si pongono le premesse per la nascita di una comunità ben radicata nella fede, dove il Signore può intervenire anche con segni e prodigi, operati per mano degli stessi apostoli.
4 Si divise allora la moltitudine della città, e alcuni erano con i Giudei, altri invece con gli apostoli.
Quando l’annuncio è autentico ecco la divisione: non c’è pacifismo che tenga. La verità lega gli uni agli apostoli, gli altri al Diavolo e a coloro che fanno in vece sua.
5 Ma quando ci fu l’assalto dei Gentili e dei Giudei con i loro capi per ingiuriare e lapidare loro,
I nemici del Cristo non si accontentano della maldicenza e della avversione verbale, arrivano anche alla violenza fisica nei confronti degli apostoli.
Un vero e proprio assalto ben studiato e pianificato sotto la guida di capi scelti dal Diavolo.
Se qualcuno si deve lapidare dei discepoli di Cristo, si deve cominciare da coloro che annunciano la sua Parola.
6 avendolo compreso fuggirono nelle città della Licaonia a Listra e a Derbe e nel territorio circostante, 7 e lì erano annuncianti la buona notizia.
Fedeli al comando del Signore, gli apostoli non si mettono incautamente nelle mani del nemico, ma perseguitati in una città fuggono in un’altra. Non per venire meno ad un mandato del cielo, ma per reiterare ad altri ed in altro luogo l’unico e medesimo annuncio.
8 E un uomo impotente in Listra sedeva ai piedi, zoppo dal ventre della madre sua che mai aveva camminato.
Non tutti hanno voglia di contendere con coloro che annunciano la buona novella. C’è chi ha già trovato la propria vita e altro non vuol sapere né altri vuol ascoltare, c’è anche chi fin dalla sua nascita si trova portatore di una vita monca, depauperata e priva di potenza alcuna.
Quale speranza per chi siede sui suoi piedi, zoppo fin dal ventre di sua madre? Solo un miracolo del cielo può ribaltare le sorti di simile creatura!
Se ci sono le condizioni ottimali per la fede in Cristo, non per questo la fede ne scaturisce di necessità assoluta.
Non basta essere poveri, bisogna desiderare la vera ricchezza, che è quella donata dallo Spirito di Dio.
Molti uomini vivono in uno stato di grande povertà materiale, non tutti aspirano e desiderano i doni del cielo.
Non basta essere poveri, bisogna anche essere poveri di spirito.
Chi si sente semplicemente povero perché gli manca qualcosa, desidera e cerca disperatamente questo qualcosa. Chi si sente povero di Spirito cerca e desidera unicamente Colui che dona lo Spirito senza misura.
Quest’uomo zoppo fin dalla nascita non cerca semplicemente quella salvezza che ha nome di salute, di efficienza e potenza fisica, vuole la salvezza vera che viene da Dio e che dura in eterno.
9 Questi udì Paolo parlante;
Questi e non altri, perché l’Apostolo può ben parlare ai quattro venti, ma ode soltanto chi vuol udire e ascolta soltanto chi vuol ascoltare.
che avendo guardato fissamente lui e vedendo che aveva fede di essere salvato, 10 disse con grande voce: Alzati diritto sui tuoi piedi!
È il modo di fare e di operare di Gesù che si perpetua nel tempo  dei suoi apostoli.
Non c’è uomo che sfugga allo sguardo di Dio Creatore, ma  gli occhi del Signore si posano soltanto su colui che ha fede in Cristo Salvatore.
A volte non c’è neanche bisogno di una esplicita richiesta di salvezza.
La parola che invoca il Salvatore è preceduta dalla  parola che opera la salvezza. Se noi vogliamo, perché Dio dovrebbe non volere?
Se tace la nostra parola, perché timida ed incerta, perché non si dovrebbe udire la Sua? Non una semplice voce, ma una grande voce.
Non per annunciare un cammino di salvezza malsicuro ed incerto, ma un andare verso Dio con Dio con incedere sicuro e diritto. Alzati diritto sui tuoi piedi!
E saltò e camminava.
Il risultato è anche superiore a quanto comandato. Lo zoppo non solo si alza dritto sui piedi, ma addirittura salta. E camminava, procedeva cioè sulla via della salvezza, senza perdere tempo, dopo aver perso troppo tempo.
11 Le folle avendo visto ciò che aveva fatto Paolo alzarono la loro voce in licaonico dicenti: gli dei fatti simili agli uomini sono scesi presso di noi; 12 e chiamavano poi Barnaba Giove, invece Paolo Ermete poiché egli era il portante la parola. 13 Il sacerdote del tempio di Giove, quello che è davanti alla città, avendo portato tori e ghirlande con le folle voleva sacrificare.
Non c’è mezzo più efficace per impressionare le folle e per far levare le loro voci che operare miracoli. Quelli beninteso che fanno star bene a questo mondo e recuperano le persone a questa vita! E non deve meravigliare che alla testa di certi gruppi o movimenti, dove la caccia al miracolo è sempre aperta, siano spesso trovati gli stessi ministri di Dio.
Che i miracoli si debbano comprendere in senso spirituale ed abbiano come unico scopo la riconciliazione con Dio per ottenere salvezza eterna, importa a pochi.
Queste folle pagane assistono a un miracolo operato nel nome  del Signore, ma non sembra proprio che abbiano compreso la novità dell’annuncio. Fanno proprio l’evento salvifico, ma ne stravolgono il senso e soprattutto lo attribuiscono non a un Dio sconosciuto, ma agli dei che sono a loro ben noti, di cui conoscono il nome ed anche i poteri.
Così è vanificata la potenza del miracolo operato dal Signore, quando non genera il dubbio riguardo agli dei falsi creati dall’uomo, ma accresce la fede in loro, e allontana sempre di più dai cuori il desiderio di una conoscenza di Dio in Spirito e Verità.
Quale la fede delle masse che accorrono ovunque ci siano prodigi, apparizioni divine, segni di potenza? Si accresce il desiderio di camminare in una novità di spirito o è semplicemente accresciuto e rinnovato l’entusiasmo di una fede piena di ambiguità e contraddizioni di ogni sorta, dove regna sovrana l’ignoranza della Parola rivelata e tutto procede alla luce di un tradizionalismo religioso che non ha nulla da spartire con la vera Tradizione della Chiesa?
I miracoli suscitano entusiasmo, ma non sempre si tratta di un entusiasmo illuminato e fondato. Cosa dire quando le persone che operano prodigi in nome di Dio sono tenute in considerazione alla stregua dello stesso Dio? E si arriva a supplicare e a invocare il loro nome, al posto di quello del Signore?
Ovunque è ben visibile e palpabile il culto dei santi e la rincorsa a visionari e veggenti. Ma dove è trovata con pari forza e convinzione la fede in Cristo Salvatore, l’ascolto della Parola rivelata ed una incessante preghiera a Dio Padre conforme all’insegnamento dell’eterno Figlio suo?
Quale gioia nel cuore del vero apostolo quando vede le masse alzare la voce di fronte a miracoli e prodigi, non con la luce e la gioia dello Spirito Santo, ma con il fanatismo dei pagani trascinati dal satana nell’idolatria di dei falsi e menzogneri?
Non è pienamente giustificato l’atteggiamento di Barnaba e Paolo?

14 Avendo udito allora gli apostoli Barnaba e Paolo, avendo strappato le loro vesti, balzarono su verso la folla gridando 15 e dicendo:
E’ un moto spontaneo, immediato ed incontenibile quello che spinge Paolo e Barnaba a strappare le proprie vesti per lo sdegno e a balzare contro la folla per fermare una simile follia ed impedire un atto sacrilego.
Questo è autentico zelo per le meraviglie operate dal Signore, non l’altro!
Ma si può anche capovolgere giudizi e situazioni e far passare la vera fede per incredulità e il pietismo ed il fideismo per autentico amore a Dio.
E non c’è bisogno di riandare col pensiero agli antichi pagani, è uno spettacolo consueto nella stessa Chiesa d’oggi dove lo spirito del paganesimo è ancora ben vivo. Non si prega Dio se non per ottenere qualche favore, non si vedono i miracoli se non quelli operati sulla carne e sul sangue, non si adora Dio se non mettendo al suo posto uomini da Lui mandati.
Uomini, perché fate queste cose? Anche noi di natura siamo simili a voi uomini annuncianti a voi la buona notizia di ritornare da queste cose, quelle vane, al Dio vivente che ha fatto il cielo e la terra e il mare e tutte le cose che sono in essi:
Non c’è vera conversione là dove non si passa dal culto dell’uomo al culto dell’unico vero Dio, dalla creatura al Creatore, dal primo Adamo portatore di morte, all’ultimo Adamo portatore di vita.
Finchè l’interesse e l’attenzione sono rivolti ad un’apparente diversità dell’essere creato, è impossibile comprendere e far proprio l’unico Santo e l’unico diverso che ha nome di Cristo Gesù.
Tutto è vanità: non solo quello che facciamo ignorando il divino, ma ancor più ed ancor peggio quello che facciamo con la convinzione e la presunzione di rendere culto a Dio.
16 che nelle passate generazioni permise a tutte le genti di camminare per le loro vie.
Vi è un tempo di paziente attesa da parte di Dio che volge al termine. È finito il tempo dell’ignoranza del Creatore e del suo silenzio per gli stolti di questo mondo.
Perché non c’è silenzio più eloquente di quello di Dio che anche tacendo fa conoscere se stesso al mondo in virtù di un incessante operare per il nostro bene.
17 Tuttavia non senza testimonianza lasciò se stesso operando il bene, dando a voi le piogge dal cielo e tempi portanti frutto, riempiendo di cibo e di letizia i vostri cuori.
È mancata la Parola di Dio, ma non i frutti del suo amore, amore che vuole la vita dell’uomo non la sua morte, la  sazietà e non la  miseria, la  gioia e non la sua tristezza.
18 E dicendo queste cose a stento distolsero le folle affinchè non sacrificassero a loro.
Chi opera segni e prodigi in nome di Dio deve avere un dono della Parola molto grande, per non indurre nell’idolatria e nel culto della persona.
Da sempre nella Chiesa operano figure considerate carismatiche, veicolo di miracoli, di messaggi divini, che portano all’idolatria.
Perché non c’è opera che venga dal cielo che non debba essere illuminata, fecondata, confermata dalla Parola di Dio.
Stupisce negativamente che realtà, eventi, luoghi di manifestazione del divino non portino il più delle volte ad una autentica conversione, ma alla parodia e alla messinscena della metanoia ( cambiamento di mentalità ).
Manca la luce che è data dalla Parola: le lucciole sono scambiate per lanterne, opere e prodigi del Demonio vengono scambiati per miracoli del Cielo.
È lecito e doveroso dubitare e diffidare di ogni evento e di ogni eccezionale manifestazione del divino, quando non c’è parimenti un adeguato e conforme rapporto con la Parola di Dio da parte di tutti coloro che ne sono coinvolti e compresi.
Si cade nel fanatismo, in una diversità non benedetta dal Signore, non quella del santo, ma quella dell’uomo che presume di santità senza conoscere Colui che unicamente è santo.
La ricchezza e la complessità della Parola di Dio cede il posto ad un frasario che si ripete sostanzialmente immutato, fatto dei luoghi comuni della fede, gratificante soltanto coloro che non hanno volontà di vera conoscenza , un linguaggio estremamente frustrante e deprimente in cui non c’è novità di vita, ma un rinnovato permanere nella vecchia vita.
Non c’è progresso nella fede, ma un perenne entrare in una  fede: poco importa quanto sia conforme alla Parola rivelata. Si dicono e si fanno sempre le stesse cose, se non ci sono segni e miracoli si inventano.
Non si ama il silenzio per stare da soli con L’Amato del proprio cuore. La preghiera è quasi esclusivamente nella forma del canto ballerino, che frustra e fa morire un dialogo personale con il Signore.
All’ombra di visionari e veggenti le comunità nascono crescono e muoiono molto rapidamente, nella distruzione dell’individuo, nell’affermazione di uno spirito settario, chiuso alla molteplicità, diversità e complessità del rapporto  con Dio.
Se pur si ha la presunzione di conoscere la Parola di Dio, il tutto si riduce a poche frasi, intese a proprio uso e consumo, non comprese nel contesto in cui sono date e trovate nella Sacra Scrittura.
E per quel che riguarda la preghiera? È smarrita ed ignorata l’importanza dell’insegnamento di Gesù. Non si comprende la necessità di far propria la sua parola, di pregare il Padre come Lui l’ha pregato, si ignora che nessuna preghiera è gradita a Dio Padre se non quella dell’eterno Figlio suo.
Potremmo continuare per molto nell’evidenziare ambiguità e dissonanze di spiritualità oggi molto diffuse nella Chiesa, nate non dall’ascolto della Parola di Dio, ma dall’ascolto di altre parole che si mettono alla pari dell’unica eterna Parola.
Il tempo manifesta quel che vale l’opera di ognuno, ma ognuno comprenda che non ci sarà data altra Rivelazione ed altra salvezza, all’infuori di quella che si è già manifestata attraverso la morte e risurrezione del Figlio di Dio, fattosi carne.
Chi vuol fermamente ed intensamente arrivare ad una meta, sceglie la strada più nota e più sicura, quella che ci è rivelata dalla Parola di Dio. È lecito e doveroso diffidare di altro e di altri.
19 Giunsero poi da Antiochia e da Iconio dei Giudei e avendo convinto le folle e avendo lapidato Paolo lo trascinarono fuori dalla città ritenendo lui essere morto.
Il fatto ha dell’incredibile: si passa in pochi istanti da un estremo all’altro: da una volontà di adorazione degli apostoli ad un fermo proposito di dare loro la morte.
Non sono graditi i messaggeri di Dio che non accettano il culto dell’uomo e del proprio uomo, ma tutto dicono e tutto fanno per allontanare dai cuori l’idolatria. Se pur sembra in un primo momento che gli apostoli riescano nell’opera, basta la calunnia e la falsità di alcuni, se pur pochi, che non credono in Cristo Gesù, perché ogni simpatia verso di loro sia convertita in odio mortale.
Paolo viene lapidato senza tanti complimenti e neppure si ha rispetto per il suo corpo, letteralmente trascinato e buttato fuori dalla città, come si fa con i morti di peste.
20 Avendo circondato allora i discepoli lui, essendosi alzato entrò in città. E l’indomani andò con Barnaba a Derbe.
L’essere circondati da discepoli di Cristo ridà forza anche a quelli che sembrano morti alla loro missione e impotenti a portare a termine il mandato che è dal cielo.
Paolo si alza come un risorto ed entra in città nonostante i nemici, grazie ai fratelli di fede. Respinti fisicamente da un luogo si può entrare spiritualmente nello stesso luogo in virtù di coloro che hanno accolto la Parola e sono con ciò diventati discepoli di Gesù.
Il giorno dopo Paolo è di nuovo in viaggio con Barnaba.
Il tempo del permanere in un luogo non è quantificabile secondo giudizi umani ma è dettato unicamente dall’obbedienza alla volontà di Dio.
Con questo spirito gli apostoli annunciano da città in città.
 21 Avendo annunciato la buona notizia a quella città e avendo fatto discepoli molti ritornarono a Listra e a Iconio e ad Antiochia
La durata della predicazione in una città può variare. Certamente non è condizionata dal numero delle conversioni.
Per gli apostoli è inoltre importante non abbandonare  i rapporti con coloro che altrove hanno già aderito alla fede in Cristo.
Le grandi città per forza di cose sono sempre stati centri di irradiazione del messaggio e principale punto di incontro e di riferimento per le neonate comunità cristiana.
All’inizio non si può certo parlare di una sola Chiesa ben organizzata, ma già da subito è evidente in tutti uno sforzo ed un tentativo di unità, intorno agli apostoli presso i raggruppamenti urbani di maggior rilievo.
Gerusalemme ed Antiochia sono all’inizio centri importanti della Chiesa. È intorno a queste due grandi città che si muovono gli apostoli.
22 fortificando gli animi dei discepoli, esortandoli a rimanere nella fede e che attraverso molte tribolazioni è necessario per noi entrare nel regno di Dio.
È importante nella Chiesa che coloro che hanno annunciato il Vangelo esortino i convertiti alla perseveranza, che è innanzitutto un rimanere in quanto è stato loro annunciato senza deviare a destra a sinistra.
Senza facili e superficiali entusiasmi, nella piena consapevolezza che le tribolazioni sono un pane necessario per entrare nel regno di Dio.
23 Avendo designato poi per loro in ogni chiesa degli anziani, avendo pregato con digiuni affidarono loro al Signore in cui avevano creduto.
Agli anziani preposti alle varie chiese da chi è in autorità in virtù di un mandato dello stesso Signore è chiesto di guidare, illuminare confortare sorreggere il gregge.
La Chiesa non è ancora un sistema ben inquadrato con ben definiti rapporti di comando e di obbedienza. Certo fin dall’inizio si viene definendo in questo senso. Nessuno può e deve fare quello che vuole prescindendo dall’intero corpo e da coloro che sono stati messo a capo: per il bene di tutti, con grande umiltà, nella consapevolezza che tutti siamo nelle mani dell’unico Signore in cui abbiamo creduto.
Quale sia il potere dei presbiteri rispetto agli altri non è detto e non interessa sapere. Giova innanzitutto pregare il Signore per tutta la sua chiesa, fare digiuni, cioè una vita santa, spesa unicamente per Dio, astenendosi da ciò che non è di comune edificazione.
Il sistema Chiesa all’inizio non sembra avere una priorità rispetto alla fede di tutti e di ognuno.
In qualsiasi caso capo della Chiesa è Cristo: Lui si deve pregare, a Lui si deve guardare, per Lui si deve spendere la propria vita.
La Chiesa come realtà organizzata dei credenti va affidata al Signore, ma non ci può essere un pensiero ossessionante per essa, come se tutto dipendesse da questa struttura. Colui che l’ha fondata provvederà per essa: unica nostra preoccupazione è una fede in Cristo conforme a Verità e Carità.
La Chiesa che aiuta, sorregge, illumina è la stessa chiesa che scandalizza e getta tenebre con le sue membra, nelle sue membra.
Al di sopra dei vari capi della Chiesa c’è e ci sarà sempre l’unico , vero, eterno capo che è Gesù Cristo. Per chi è condannato ingiustamente dai ministri di Dio, rimane la possibilità di ricorrere in Appello presso Colui che unicamente è giusto, santo, vero.
Non ci devono stupire le rotture i litigi, i contrasti e i dissensi tra i primi apostoli. Prima ancora dell’amore alla Chiesa intesa come struttura visibile e palpabile in questo mondo, preme e sta a cuore l’obbedienza a Cristo Gesù.
È buona cosa evitare rotture e divisioni: ma non a tutti i costi. Non tutto è approvato dal Signore e non tutti siamo a Lui accetti, ma soltanto coloro che hanno una fede pura e sincera che cerca unicamente l’obbedienza alla volontà di Dio.
Nella nostra vita il primo posto spetta al Signore e non a coloro che dicono ed operano in suo nome.
Obbedire sempre, in ogni caso, a qualunque prezzo a chi è in autorità non è di per sé garanzia assoluta di obbedienza a Dio.
Esiste anche un’altra strada che non è quella della rottura e della polemica: la via dell’esilio e del silenzio, della fede da solitario, di cui parla il salmo.
24 E avendo attraversato la Pisidia vennero nella Panfilia 25 e avendo parlato la parola in Perge scesero in Atalia 26 di là salparono per Antiochia, da dove erano stati consegnati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuto.
Gli apostoli partiti da Antiochia, ritornano ancora una volta ad Antiochia.
La fede ha una sua origine anche geografica a cui bisogna sempre ritornare.
Non è approvato un annuncio che cerca e vuole gli altri, quelli che sono fuori e nel contempo dimentica coloro che sono stati fratelli dall’inizio e dalle origini.
La fede fa continuamente ritorno ai luoghi in cui ha avuto inizio e ai primi volti in cui si è specchiata. Luoghi e volti possono anche cambiare, non può e non deve cambiare il nostro ricordo.
27 Essendo poi giunti ed avendo radunato la chiesa annunciarono quanto aveva fatto Dio con loro e che aveva aperto alle genti la porta della fede.
Non c’è gioia dell’apostolo che non debba essere comunicata e condivisa dalla chiesa tutta: quella vera, s’intende, che è data da un cerchio di credenti in crescita.
28 Dimorarono poi non poco tempo con i discepoli.
Non è detto quanto: è detto semplicemente che non è stato poco, perché il poco non appartiene a quella pienezza d’amore che è data a tutti coloro che hanno accolto Cristo Salvatore.

Da Meditazione sugli Atti degli Apostoli – di don Divo Barsotti  -ed. San Paolo

Il discorso di Paolo a Listra è una pagina importante degli Atti. Ai discorsi ai Giudei, succede ora il primo discorso pubblico ai gentili; il secondo sarà il discorso all’Areopago di Atene. In questi noi rileviamo come la teologia non è soltanto fondata sull’armonia dei due Testamenti, ma anche sull’armonia e la continuità della rivelazione cosmica con la rivelazione cristiana. Se non vi fosse continuità fra la rivelazione cosmica e la rivelazione cristiana, giustamente allora potevano pretendere i giudaizzanti che chi voleva diventare cristiano, doveva prima passare attraverso la Legge e la circoncisione. Invece questo non è necessario: al Cristo si giunge anche direttamente attraverso la rivelazione cosmica…
La religione pagana riconosce una divinità del cosmo e degli uomini proprio perché la religione pagana non conosce un Dio  personale e la divinità è proprietà delle cose, è immanente alle cose e le lievita tutte in una continua teofania. Non così nel cristianesimo. L’uomo non è separato da Dio, anzi Dio si unisce all’uomo, anche se non si confonde con lui. E l’uomo non è Dio, ma diviene segno e sacramento di Dio e strumento della sua azione. Così anche nell’unione l’uomo rinasce, in essa anzi è salvato.
Certo Paolo e Barnaba non possono accettare di essere adorati; si comprende il gesto di orrore che provoca in loro l’atteggiamento della folla e la volontà dei sacerdoti pagani di offrire loro un sacrificio, tuttavia ci sembra che il Libro degli Atti, contrapponendo all’atteggiamento di questi idolatri l’invidia e l’odio dei Giudei che aizzano poi la folla per dar la morte agli apostoli, voglia anche sottolineare come le nazioni sono più pronte a riconoscere Dio nel miracolo, di quanto non lo fosse il giudaismo, che pure vantava di conoscerlo. Lo zelo per Iddio che manifestano i Giudei era più impuro dell’ingenua idolatria dei pagani…
Il discorso di Paolo si richiama alla creazione: Cittadini perché fate questo? “Anche noi siamo esseri umani… e vi predichiamo di convertirvi da queste vanità al Dio vivente che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che in essi si trovano”. ( 14,15 )…
Due espressioni sono soprattutto importanti nel breve discorso di Paolo a Listra. Egli dice prima di tutto che Dio trascendente che ha creato tutte le cose, ha permesso che tutte le nazioni seguissero le loro vie ( 14,16 ), e afferma poi che Dio non ha mai cessato di rendere testimonianza a se stesso ( 14,17 ). Sembra riconosciuta dunque dall’apostolo la legittimità di ogni culto religioso anche al di fuori del giudaismo, ma vi è una chiara condizione a questa legittimità nel riconoscimento da parte delle nazioni della testimonianza che Dio ha dato di Se stesso.
Le nazioni debbono convertirsi dagli idoli al Dio vivente che ha creato tutte le cose.
Egli nelle generazioni passate, ha lasciato che ogni popolo seguisse la sua strada… la testimonianza che di Sé ha dato al popolo di Israele è la Storia sacra, quella che ha dato  a tutte le nazioni è duplice. La prima è la  creazione medesima: per questo Paolo vuole che si convertano dagli idoli al Dio vivente.
La seconda è la Provvidenza. In una cultura agricola come quella delle nazioni cui Paolo si rivolge, la testimonianza di Dio provvidente è data dalle piogge, dalle stagioni, dai frutti della terra. La religione cosmica ha un legame con la terra, ma soprattutto, attraverso questo legame, col mistero della Provvidenza…
Con questi versetti gli Atti ci narrano la fine della prima missione di Paolo. Può sembrare che quanto viene narrato non abbia un rapporto preciso e diretto con la nostra vita. In realtà se andiamo considerando quello che ci ha insegnato il Signore, ci sembra di poter dire che non è vero che la vita della Chiesa delle origini non abbia attinenza con la nostra vita di oggi.
Abbiamo iniziato col meditare la conversione di Saulo e abbiamo detto che ogni conversione è un volgersi a Dio, non si tratta prima di tutto di perfezione morale, ma di scoprire il Signore, il suo volto, di entrare in comunione con Lui, di vivere un rapporto col Dio vivente. Poi abbiamo veduto come spesso all’incontro con Dio succeda un periodo che sembra di involuzione. A quanti, dopo un primo contatto col Signore, è sembrato di precipitare di nuovo, non solo nell’aridità, ma nell’oscurità più completa, come se nulla fosse avvenuto!
È vero che il ricordo di quello che possiamo aver sperimentato una volta può accompagnarci ancora, ma il ricordo non è sufficiente a risvegliare le stesse emozioni e scuoterci dal nostro torpore. Si vive una vita che ci sembra fiacca e insulsa, inutile e vuota. Anche Paolo visse forse così per mesi, per anni, e sembrò che fosse dimenticato dagli uomini e da Dio.
Una delle virtù fondamentali rimarrà sempre la fedeltà che matura in un’umile pazienza: per un’anima che si fida di Dio, anche se Dio sembra essere assente, è la grazia forse più grande. Quanto ci dicono gli Atti è un insegnamento fra i più importanti. L’uomo non soltanto deve sopportare gli uomini, ma saper sopportare anche Dio. A volte quello che il Signore ci ha dato all’inizio del nostro cammino matura dopo anni e anni di silenzio, nella nostra vecchiaia. Dobbiamo saper attendere i momenti di Dio, con tanta umiltà e pazienza. E quando anche non fossimo fedeli noi, Dio è fedele. Non dobbiamo scoraggiarci, purché l’infedeltà non rompa quel legame che ci può permettere di ritornare e riprendere il corso della vita con Dio…
“E’ necessario attraversare molte tribolazioni“.( 14,22 ). Le parole ci insegnano quanto sia grave l’opera del peccato, peccato del mondo prima, ma anche il nostro peccato. Come discepoli del Cristo siamo noi per primi che dobbiamo portare sopra di noi il peso del peccato del mondo. Continua così per la Comunità dei credenti la missione redentrice del Cristo nella partecipazione alla sua stessa passione. Ma un’altra cosa ci dice il testo. I discepoli debbono essere confermati nella fede anche in previsione delle inevitabili tribolazioni, ma l’impegno dei singoli non sarebbe sufficiente da solo ad assicurare la stabilità della Comunità. Paolo e Barnaba, nelle città dove avevano predicato il Vangelo, costituirono quindi per loro in ogni comunità alcuni anziani ( 14,23 ). È la prima volta che appare questa parola. Anche le Comunità che nascono per la predicazione di Paolo, adagio, adagio si organizzano secondo uno statuto che assicura l’ordine e la continuità della vita. Gli anziani non sono dei carismatici che lo Spirito Santo suscita come vuole in seno alla Comunità dei credenti, ma semplicemente dei discepoli che ricevono dagli apostoli potere sulle Comunità… Dio stesso aveva chiamato Paolo, ma ora è l’apostolo che, preoccupato di rimanere in qualche modo presente, stabilisce che vi siano alcuni che lo rappresentino e in suo nome governino la Comunità.

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