Cap. 1, 6-25

Cap. 1, 6-25
Dal testo ebraico ( masoretico)
6 E disse Dio: Sia firmamento in mezzo delle acque e sia separante tra acque dalle acque.
7 E fece Dio il firmamento e separò tra le acque che sono sotto al firmamento e tra le acque che sono sopra al firmamento. E fu così.
8 E chiamò Dio il firmamento cieli. E fu sera e fu mattino: giorno secondo.
9 E disse Dio: Si raccolgano le acque sotto i cieli verso luogo uno e si veda l’asciutto. E fu così.
10 E chiamò Dio l’asciutto terra e raccolta delle acque chiamò mari. E vide Dio che buono era.
11  E disse Dio: Verdeggi la terra vegetazione erba seminante seme, albero di frutto facente frutto per specie di esso, che seme di esso è in esso, sulla terra. E fu così.
12 E produsse la terra vegetazione, erba seminante seme per specie di esso, e albero facente frutto che seme di esso è in esso per specie di esso. E vide Dio che buono era.
13 E fu sera e fu mattino: giorno terzo.
14 E disse Dio: “Sia luminari in firmamento dei cieli per separare tra il giorno e tra la notte  e siano per segni e per stagioni e per giorni e anni.
15 e siano per luminari nel firmamento dei cieli per illuminare sulla terra. E fu così.
16 E fece Dio due i luminari i grandi, il luminare il grande per regolazione del giorno e il luminare il piccolo per regolazione della notte e le stelle
17 E pose essi  Dio in firmamento dei cieli per illuminare sulla terra
18 e per regolare il giorno e la notte e per separare tra la luce e tra la tenebra. E vide Dio che buono era.
19 E fu sera e fu mattino: giorno quarto.
20 E disse Dio: “Brulichino le acque brulichio di anima(le) vivo e volatile voli sulla terra, su superfici di firmamento dei cieli.
21 E creò Dio i mostri marini grandi e ogni animale vivo guizzante di cui brulicarono le acque per specie di esse e ogni volatile di ala per specie di esso. E vide Dio che buono era.
22 E benedisse essi Dio dicendo: Fruttificate e moltiplicatevi e riempite le acque nei mari e il volatile si moltiplichi nella terra.
23 E fu sera e fu mattino: giorno quinto.
24 E disse Dio: “Produca la terra anima(le) viva per specie di essa: bestia e rettile e vivente di terra per specie di essa. E fu così.
25 . E fece Dio vivente della terra per specie di esso e la bestia per specie di essa e ogni rettile di suolo per specie di esso.
E vide Dio che buono era.

Dal testo dei Settanta
6 E disse Dio: “Ci sia un firmamento in mezzo all’acqua e sia di separazione fra acqua e acqua”. E fu così.
7 E fece Dio il firmamento e separò da una parte l’acqua che era sotto il firmamento e da una parte l’acqua che era sopra il firmamento.
8 E chiamò Dio il firmamento cielo. E vide Dio che era bello. E fu sera e fu mattina: giorno secondo.
9 E disse Dio: “Sia raccolta l’acqua che è al di sotto del cielo in un unico luogo di raccolta e si veda la terra asciutta”. E fu così. E fu raccolta l’acqua, quella al di sotto del cielo, nei propri luoghi di raccolta. E si vide la terra asciutta.
10 E chiamò Dio l’asciutto terra e il complesso delle acque chiamò mari. E vide Dio che era bello.
11 E disse Dio: “Faccia germogliare la terra la pianta dell’erba, che sparga seme secondo specie e secondo somiglianza e albero fruttifero che faccia frutto, il cui seme è in esso, secondo la sua specie sulla terra”. E fu così.
12 E produsse la terra la pianta dell’erba, che sparge seme secondo specie e somiglianza e albero fruttifero che fa frutto, il cui seme è in esso, secondo la sua specie, sulla terra. E vide Dio che era bello.
13 E fu sera e fu mattina: giorno terzo.
14 E disse Dio: “Ci siano luminari nel firmamento del cielo per illuminazione sulla terra, allo scopo di separare il giorno dalla notte e siano come segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni
15 e siano come illuminazione nel firmamento del cielo, in modo da far luce sulla terra”. E fu così.
16 E fece Dio i due luminari grandi, il luminare grande per presiedere al giorno e il luminare minore per presiedere alla notte e alle stelle.
17 E li pose Dio nel firmamento del cielo in modo da far luce sulla terra
18 e da presiedere al giorno e alla notte e separare da una parte la luce e da una parte la tenebra. E vide Dio che era bello.
19 E fu sera e fu mattina: giorno quarto.
20 E disse Dio: “Traggano fuori le acque rettili, cioè animali viventi, e volatili che volino sulla terra lungo il firmamento del cielo”. E fu così.
21 E fece Dio i grandi cetacei e ogni anima di animali che strisciano, che le acque trassero fuori, secondo la loro specie, e ogni uccello volatile secondo la sua specie. E vide Dio che erano belli
22 e li benedisse Dio dicendo: “Crescete e moltiplicatevi e riempite le acque nei mari e i volatili si moltiplichino sulla terra”.
23 E fu sera e fu mattina: giorno quinto.
24 E disse Dio: “Tragga fuori la terra animali viventi secondo la loro specie, quadrupedi e rettili e fiere della terra secondo la loro specie”. E fu così.
25 E fece Dio le fiere della terra secondo la loro specie e il bestiame secondo la sua specie e tutti rettili della terra secondo la loro specie. E vide Dio che erano belli.

Dalla Vulgata

dixit quoque Deus fiat firmamentum in medio aquarum
6 Disse anche Dio: Sia fatto un firmamento nel mezzo delle acque
et dividat aquas ab aquis
e divida acque da acque
et fecit Deus firmamentum divisitque aquas quae erant sub firmamento
7 E fece Dio un firmamento e divise le acque che erano sotto il firmamento
ab his quae erant super firmamentum et factum est ita
da quelle che erano sopra il firmamento. E fu fatto così
vocavitque Deus firmamentum caelum
8 E chiamò Dio il firmamento cielo.
et factum est vespere et mane dies secundus
E ciò fu fatto di sera e di mattina: giorno secondo
dixit vero Deus congregentur aquae quae sub caelo sunt in locum unum
9 Disse invero Dio: Si uniscano le acque che sono sotto il cielo in un luogo unico
et appareat arida factumque est ita et vocavit Deus aridam terram
e appaia l'asciutto. E fu fatto così 10 e chiamò Dio l'asciutto terra
congregationes aquarum appellavit maria
e le aggregazioni delle acque chiamò mari
et vidit Deus quod esset bonum et ait
E vide Dio perché fosse buono 11 e disse:
germinet terra herbam virentem et facientem semen et lignum pomiferum
Germogli la terra l'erba verdeggiante e che fa seme e il legno fruttifero
faciens fructum iuxta genus suum cuius semen in semet ipso sit super terram
che fa frutto secondo la sua specie, il cui seme sia in lui stesso sopra la terra.
et factum est ita et protulit terra herbam virentem et adferentem semen
E fu fatto così. 12 E produsse la terra l'erba verdeggiante e portante seme
iuxta genus suum lignumque faciens fructum et habens unumquodque
secondo il suo genere e il legno che fa frutto e avente ciascuno
sementem secundum speciem suam
la semente secondo la sua specie.
et vidit Deus quod esset bonum
E vide Dio perché fosse buono
factumque est vespere et mane dies tertius
13 E ciò fu fatto di sera e di mattina: giorno terzo.
dixit autem Deus fiant luminaria in firmamento caeli ut dividant diem ac noctem
14 Disse poi Dio: Siano fatti luminari nel firmamento del cielo per dividere giorno e notte
et sint in signa et tempora et dies et annos
e siano come indizi a tempi e a giorni e ad anni
ut luceant in firmamento caeli et inluminent terram et factum est ita
15 affinché splendano nel firmamento del cielo e illuminino la terra. E fu fatto così.
fecitque Deus duo magna luminaria luminare maius ut praeesset diei
16 E fece Dio i due grandi luminari: il luminare maggiore perché presiedesse al giorno
et luminare minus ut praeesset nocti et stellas
e il luminare minore perché presiedesse alla notte e le stelle.
et posuit eas in firmamento caeli ut lucerent super terram
17 E pose quelle nel firmamento del cielo, perché splendessero sopra la terra
et praeessent diei ac nocti et dividerent lucem ac tenebras
18 e presiedessero al giorno e alla notte e dividessero luce e tenebre.
et vidit Deus quod esset bonum
E vide Dio perché fosse buono.
et factum est vespere et mane dies quartus
19 E ciò fu fatto di sera e di mattina: giorno quarto.
dixit etiam Deus producant aquae reptile animae viventis
20 Disse anche Dio: Producano le acque ciò che striscia di anima vivente
et volatile super terram sub firmamento caeli
e ciò che vola sopra la terra , sotto il firmamento del cielo
creavitque Deus cete grandia et omnem animam viventem atque motabilem
21 E creò Dio i grandi cetacei e ogni anima vivente e dotata di movimento
quam produxerant aquae in species suas
che le acque avevano prodotto secondo la loro specie
et omne volatile secundum genus suum
e ogni volatile secondo il suo genere
et vidit Deus quod esset bonum benedixitque eis dicens
E vide Dio perché fosse buono 22 e li benedisse dicendo:
crescite et multiplicamini et replete aquas maris
Crescete e siate moltiplicati e riempite le acque del mare
avesque multiplicentur super terram
e gli uccelli siano moltiplicati sopra la terra.
et factum est vespere et mane dies quintus
23 E ciò fu fatto di sera e di mattina: giorno quinto.
dixit quoque Deus producat terra animam viventem in genere suo
24 Disse anche Dio: Produca la terra l'anima vivente secondo il suo genere,
iumenta et reptilia et bestias terrae secundum species suas factumque est ita
i giumenti, i rettili e le bestie della terra secondo la loro specie. E fu fatto così.
et fecit Deus bestias terrae iuxta species suas et iumenta
25 E fece Dio le bestie della terra secondo la loro specie e i giumenti
et omne reptile terrae in genere suo
e ogni rettile della terra secondo il suo genere.
et vidit Deus quod esset bonum et ait
E vide Dio perché fosse buono 26 e disse:

“6 Disse anche Dio: Sia fatto un firmamento nel mezzo delle acque e divida acque da acque. 7 E fece Dio un firmamento e divise le acque che erano sotto il firmamento da quelle che erano sopra il firmamento. E fu fatto così. 8 E chiamò Dio il firmamento cielo e ciò fu fatto di sera e di mattina: giorno secondo”.

Il secondo giorno Dio crea lo spazio vuoto, in cui verranno poste tutte le cose successivamente create con la materia pura. Le acque create dal Padre sono dapprima nella Sua mente, come massa informe ed indifferenziata. Abbiamo detto che sono infinitamente estensibili, ma non ancora estese. Il concetto di cosa estesa comporta, di per sé, l'idea di cosa manifesta. Nel pensiero che è il Padre è presente tutto il pensabile ( le acque ), in maniera del tutto informe, indifferenziata, privo di estensione. Prima ancora di formare le cose, il pensiero divino deve definire l'ambito, ovvero lo spazio entro cui operare: in altre parole deve liberarsi da tutto il pensabile per lasciare spazio a ciò che viene pensato concretamente. Il concetto di spazio, come ambito di applicazione del pensiero precede quello di forma, ovvero di cosa pensata. E' la Ragione, ovvero il Figlio che entra nelle acque primordiali per dar loro forma. Ma prima di creare ogni cosa, la Parola deve definire l'ambito in cui crearle, ovvero il loro spazio. Per questo il Figlio entra nelle acque e le divide idealmente in due parti: una superiore, l'altra inferiore. Lo spazio lasciato libero dalle acque definisce l'ambito in cui verranno collocate le cose create. E' così che la Parola crea lo spazio, entrando nel mezzo delle acque, dividendole e relegandole agli estremi confini superiori ed inferiori, ovvero chiudendole come in due rotoli. Si tratta, ovviamente di un movimento ideale, non reale, ovvero di una separazione delle acque dalle acque, che non viene fatta nello spazio esteso della materia, ma nella mente inestesa del pensiero divino. Alla fine di questo processo viene creato il firmamentum o fondamento di tutte le cose, che è, dapprima nella mente divina come prodotto della attività del pensiero o come parola non espressa, ovvero non manifesta. Allorché la parola si esprime, attraverso l'atto del parlare, il firmamentum da inesteso diventa esteso, da realtà interiore al Padre, diventa realtà esteriore.
Da quanto detto, appare chiaro che nella creazione dobbiamo distinguere due aspetti  ed operazioni distinte: una interiore a Dio, nel rapporto Padre, Spirito Santo, Figlio una esteriore come successiva apparizione e manifestazione nell'esteriorità del prodotto finale dell'operazione divina. Il momento di necessario passaggio dall'interiorità all'esteriorità è dato dall'atto della Parola. Non può esistere in Dio parola inespressa. Nel momento stesso in cui la Parola  dà una forma alla materia pura, che è nella mente divina, da parola inespressa, diventa parola espressa, ed esprimendo se stessa, crea, ovvero rende manifesto il prodotto del proprio dire. Come la parola rappresenta il termine del pensiero chiuso in se stesso, così la cosa creata e resa   manifesta è il prodotto finale del pensiero allorché dice la sua Parola. Quanto detto non si deve intendere in una successione cronologica, ma logica e formale. Come diciamo che il Padre ( mente o pensiero ) è prima dello Spirito Santo ( alito, soffio, lingua ) e lo Spirito Santo è prima del Figlio ( parola ), così diciamo che prima è la materia pura creata dal Padre, poi la materia pura contemplata dallo Spirito Santo, poi la materia formata e resa manifesta dal Figlio. Di tutte le cose create da Dio in vista dell'uomo, il firmamentum è la prima, ovvero il fondamento di tutto ciò che poi verrà collocato in esso. Il firmamentum viene chiamato da Dio cielo, ma non è ancora il nostro cielo, se non per immagine. Il cielo materiale, senza astri e senza luce, dotato di sola estensione infinita, ben rende l'idea dello spazio puro.
Si tratta, ovviamente, di una realtà non visibile e non rappresentabile, in quanto priva di materia e di luce. Per questo la Scrittura non dice come al solito: “Dio vide perché ciò fosse buono”. Difatti il cielo, di per sé, come puro spazio, non è visibile.  Ciò non toglie che sia buono, in quanto creato da Dio. Del resto anche della materia pura o acque, creata dal Padre non si dice "Dio vide", perché anch'essa non era visibile, pur essendo buona. Viceversa della luce del Figlio è scritto "vide Dio la luce, perché fosse buona", in quanto la luce splende, si rende manifesta nelle tenebre.

“9 Disse invero Dio. Si uniscano le acque che sono sotto il cielo in un luogo unico e appaia l'asciutto. E fu fatto così 10 e chiamò Dio l'asciutto terra e l'aggregazione delle acque chiamò mari”.
Il terzo giorno Dio crea, dapprima la terra. Ciò avviene attraverso l'aggregazione delle acque inferiori, che sono sub caelo. Abbiamo già detto che si tratta di acque inestese, in quanto presenti solo nella mente divina, e destinate ad essere poste, allorché formate, nella parte inferiore dell'universo: quella che, comunemente viene chiamata terra, distinta da quella immediatamente sopra che è detta cielo. Va rilevato che il cielo materiale sarà formato anch'esso con le acque inferiori, mentre delle acque superiori non si farà più menzione.
Si tratta, ovviamente, di acque collocate in uno spazio diverso da quello materiale, seppur originariamente destinato, nel progetto divino, a comunicare con esso e ad entrare in esso. Due mondi dunque distinti e separati, ma un unico fondamento e la possibilità di un passaggio dall’uno all’altro in un  cammino di salita dell’umano dal basso all’alto e di concomitante discesa del divino dall’alto al basso. Queste acque, poste al di sopra del cielo, rappresentano tutta quella realtà spirituale di cui Adamo doveva essere rivestito, fino alla statura dell'uomo perfetto. Come vedremo più avanti, Adamo ebbe soltanto uno "spiraculum vitae", cioè uno spiraglio, un soffio di vita: la caparra dello Spirito Santo, quel tanto sufficiente per essere immesso nella vita divina. La caduta avvenne prima ancora che Iddio potesse plasmare per lui quell'universo di doni spirituali che lo avrebbero portato alla vita eterna, nell'eterna visione del Creatore. Ci sembra che in queste acque superiori si possa vedere il progetto di quella Gerusalemme celeste che è in comunione con la città degli angeli di cui in Apocalisse 12. Essa  scende dal cielo, è dimora di Dio e dei suoi angeli, ricolma di ogni bene e di ogni grazia  è irrigata da un fiume di acqua viva, che scaturisce dal trono di Dio e dell'Agnello. Benché Adamo non abbia potuto dissetarsi a questo fiume di acqua viva, Dio non ha rinunciato al suo primitivo disegno d'amore: è il Figlio che ci riapre le porte della città santa, donandoci la grazia di camminare in una nuova vita, verso un'altra vita.
"Disse invero Dio: Si uniscano le acque che sono sotto il cielo in un luogo unico e appaia l'asciutto..."  Nel pensiero divino le acque inferiori sono, dapprima, come massa caotica e dispersa, ora assumono la loro primitiva e più semplice forma,  dovuta alla sola aggregazione. Tale aggregazione avviene attraverso un processo, attivato dalla Parola, che raccoglie le acque disperse e le colloca in "locum unum", ovvero assegna loro uno spazio proprio e definito. E' la Parola che operando nell'interiorità della mente divina sulle acque, che sono "sub caelo", assegna loro uno spazio e una forma e con ciò stesso crea, ovvero rende visibile e fa apparire nell'esteriorità il frutto dell'operazione divina. Il processo attraverso cui avviene questa aggregazione non è visibile né rappresentabile, in quanto chiuso nell'interiorità divina. Ciò che appare é il frutto o risultato di tale operazione, quello che la Scrittura chiama "arida", ovvero la terra asciutta, intesa come ciò che deriva dalla prima aggregazione delle acque. Infatti le acque unite e formate sono immaginabili soltanto allo stato solido, mentre allo stato liquido non hanno né coesione né forma. Nel momento stesso in cui compare la terra asciutta, ecco che appaiono anche i mari, come aggregazione di acque allo stato liquido. Non il mare contiene la terra solida, ma la terra solida contiene il mare. Soltanto la terra "arida è collocata in un suo "locum unum", mentre le acque sono collocate sulla terra stessa come in un enorme recipiente, che dà loro la propria forma.
La primitiva creazione della terra come acque allo stato solido e allo stato liquido, dà l'idea della forma più elementare che si possa immaginare. Ci sembra che Genesi abbia voluto rendere l'idea della creazione della prima forma, come la più pura, la più perfetta, la più semplice e nello stesso tempo, onnicomprensiva di tutte le forme. Cosa vi è di più puro dell'acqua, sia allo stato solido, sia allo stato liquido?  Perché si possa avere l'idea della forma bisogna avere almeno due termini o elementi di confronto: così l'acqua solida o ghiaccio è forma rispetto ai mari o insieme di acque allo stato liquido, e viceversa, i mari sono forma rispetto all'acqua ghiacciata ( arida o asciutto ).
La forma non appare prima della cosa creata, ma è la cosa creata che appare in una determinata forma. Mentre la materia è di per sé qualitativamente omogenea, in quanto derivata indistintamente dalle acque, le cose create hanno una loro forma tipica, qualitativamente diversa, irriducibile l'una all'altra. E' la forma che esprime l'infinita ricchezza e l'inesauribile varietà del creato. E tutto questo in virtù dell'unica Parola. E' attraverso la forma che possiamo attingere al divino e cogliere nelle cose ciò che è al di là della materia, ovvero l'operazione divina, che, attraverso la bellezza del creato, attira alla bellezza e alla bontà del Creatore.

“E vide Dio perché fosse buono e disse:”

E' lo sguardo di Dio che rende buone tutte le cose. Nel testo della Volgata abbiamo: Et vidit Deus quod esset bonum .
Si tratta a nostro parere di una finale consecutiva: Dio vide affinché ogni cosa fosse buona, Dio vide e, di conseguenza, le cose furono buone. Nessun essere creato può essere buono allorché si sottrae allo sguardo amoroso di Dio, che dapprima vede per discernere, poi  per separare  chi è fatto degno della Sua gloria e chi si è fatto degno della Sua riprovazione e da ultimo per provvedere a chi rimane nella luce.
Si tratta evidentemente di una interpretazione che può essere del tutto personale, non condivisibile ed anche errata.
Nel testo masoretico abbiamo:
10 E chiamò Dio l’asciutto terra e raccolta delle acque chiamò mari. E vide Dio che buono era.
Nei Settanta abbiamo
10 E chiamò Dio l’asciutto terra e il complesso delle acque chiamò mari. E vide Dio che era bello.
Testo ebraico e testo greco sono in concordanza, se teniamo conto che per il Greco il bello nella dimensione essenziale, cioè prima del peccato, coincide con il buono. Buono e bello vogliono dire la stessa cosa. Le traduzioni comuni interpretano anche il testo della Volgata” vidit deus quod esset bonum” nel senso di una proposizione oggettiva “ Vide Dio che era buono”. Non abbiamo le sufficienti cognizioni linguistiche per sapere con certezza se ai tempi di Gerolamo una proposizione oggettiva si potesse tradurre anche nella forma finale consecutiva. Potrebbe anche essere: in tal caso la nostra interpretazione verrebbe a cadere. Un dubbio ed un interrogativo vogliamo però porre. Non può essere che la forma oggettiva si dia per scontata a priori per semplice conformità alle versioni masoretica e greca, senza considerare una diversa lettura del testo da parte di Gerolamo, che vuol aggiungere qualcosa di più e di più significativo? Non solo Dio vede che ciò che ha creato è cosa buona. E come potrebbe essere altrimenti? Ma nello stesso tempo provvede perché tale bontà sia garantita come intangibile. Dio vede e provvede. Lo sguardo di Dio non vede una sola volta ma continuamente vede perché ciò che è buono tale rimanga. È lo sguardo di Dio che garantisce della bontà del creato. Finchè questo non si sottrae agli occhi di Dio nessun male può insidiare la sua bontà.

11 “Germogli la terra l'erba verdeggiante e facente seme e il legno fruttifero che fa frutto secondo la sua specie, il cui seme sia in lui stesso sopra la terra. E fu fatto così.
12 E produsse la terra l'erba verdeggiante e portante seme, secondo il suo genere e il legno facente frutto e avente ciascuno la semente secondo la sua specie. E vide Dio perché fosse buono. 13 E fu fatto di sera e di mattina: terzo giorno".

Dopo aver creato la terra nella sua forma più semplice ed elementare, Dio crea sulla terra le prime forme di vita, ovvero il mondo vegetale. Tutte queste forme particolari sono create nello stesso giorno in cui viene creata la prima forma, esse cioè si inscrivono in ciò che viene detto “terra”, in quanto create da Dio con la terra e dalla terra.
La creazione delle forme viventi avviene iuxta genus suum et iuxta speciem suam ( secondo il loro genere e secondo la loro specie ). Ma cosa esprimono le parole genus et species se non la forma pura , come è presente nella mente divina, idea che è prima del creato, impressa nel creato, ma eccedente il creato stesso? L'idea, in quanto non semplicemente creata dal nulla, ma esprimente l'operazione stessa divina e riflesso della sua perfezione, eccede sempre la sua concretezza materiale. Nella realtà creata non percepiamo soltanto la bellezza materiale, ma anche la bellezza e la bontà del loro Creatore. Cogliere il divino nel creato non significa adorare le cose stesse, ma comprendere che vi è qualcuno che è oltre e prima del creato, e dare a Lui gloria. I concetti di genere e specie sono astratti: di fatto esiste una molteplicità di individui  iuxta genus et speciem.
Il fatto che possa esistere un numero infinito di individui dello stesso genere e della stessa specie attesta come le idee di genere e specie non siano date dalla somma degli individui, ma esistano soltanto nella mente divina, come forme pure, perfette, inesauribile specchio  della perfezione stessa di Dio. La filosofia moderna ha banalizzato qualsiasi interpretazione trascendentale dei concetti.
Invero, al di là degli empi sofismi di uomini corrotti nei loro pensieri, sta una universale intuizione immediata, per cui la bellezza delle cose ci rimanda ad un bello che è oltre le cose.
Tutto il creato attesta la bellezza e la grandezza di Dio, che non si possono rinchiudere nel creato stesso. Perché mai ciò che è bello ci appare sempre diverso e sempre nuovo? Non è forse perché vi è impressa l'infinita perfezione divina? Il nostro rapporto col creato deve essere un rapporto di preghiera, ovvero di rendimento di grazie al Signore, nello spirito del Cantico delle creature di Francesco. Gli antichi, pur nella loro ignoranza scientifica, avevano un'intuizione molto più autentica del divino che si manifesta nell'universo. L'uomo moderno non vede più le cose in Dio e per Dio, ma in sé e per sé: sotto l'impulso del Satana tutto distrugge per sostituire all'opera di Dio la propria opera. Rapporto vero col creato è quello che ci porta alla preghiera al Signore Dio dell'universo. Questa preghiera è data a tutti gli uomini di ogni tempo e cultura: è prima e indipendentemente dalla rivelazione. ( Rom.1,18-23 )

“14 Disse poi Dio: Siano dei luminari nel firmamento del cielo per dividere giorno e notte, e siano come indizi a tempi, a giorni e ad anni, 15 affinché' splendano nel firmamento del cielo e illuminino la terra. E fu fatto così”.

Dopo aver creato la terra, Dio crea il cielo e tutti gli astri luminosi "in firmamento caeli", nel fondamento del cielo, vale a dire in quella parte del firmamento ( fondamento, spazio vuoto ), destinata ad essere riempita ed occupata dal cielo.
Con la creazione degli astri viene creata anche la loro luce materiale e le tenebre che appaiono così di natura qualitativamente diversa, rispetto alla luce e alle tenebre di cui si parla nel primo giorno della creazione. Dapprima è creato ciò che è spirituale, in un secondo momento ciò che è materiale.

“16 E fece Dio i grandi luminari: il luminare maggiore perché presiedesse al giorno e il luminare minore perché presiedesse alla notte e le stelle. 17 E pose quelle nel firmamento del cielo, perché splendessero sopra la terra 18 e presiedessero al giorno e alla notte e dividessero luce e tenebre.
E vide Dio perché fosse buono. 19 E fu fatto di sera e di mattina: giorno quarto”.

Genesi distingue due grandi luminari: uno maggiore, ovvero il sole, che presiede al giorno e uno minore, ovvero la luna, che presiede alla notte. Accenna pure alle stelle, che non fanno parte del luminare minore, ma fanno piuttosto da corona, ovvero da cornice alla terra. Con la creazione degli astri Dio crea il tempo, quale è scandito dal loro ritmo e dal loro movimento e come appare dal regolare succedersi delle stagioni, dei giorni, degli anni.
Potremmo chiederci che senso abbia parlare di tempo prima della creazione dell'uomo, dal momento che il tempo altro non è che una dimensione dell'uomo. Forse che, qualora non esistesse l'uomo , non ci sarebbe più tempo?
Non è vero che il tempo fisico, quale è scandito dal ritmo degli astri è prima ed indipendentemente dal tempo umano? Ci sembra che la Scrittura voglia mettere in evidenza come il valore e il fondamento del tempo non si debba inscrivere nell'uomo, ma nell'eternità stessa di Dio. Il tempo umano è correlato a quello fisico ed entrambi si inseriscono in un tempo divino che è prima dell'uomo e del creato e non è comprensibile, se non come atto od opera di Dio.
E' Dio che assegna un tempo, ovvero un ritmo, un movimento regolare agli astri, una loro operazione, che è in Lui, per Lui, secondo Lui; è Dio che crea l'uomo e il suo tempo, ovvero il modo secondo cui si accresce, si espande il suo essere nell'universo, attraverso la conoscenza. Non è possibile per la creatura separare il tempo fisico da quello umano, né quello umano da quello divino, in quanto la creatura è unità di corpo, anima, spirito. In virtù dell’anima, unita ad un corpo materiale, si espande e si relaziona al tempo fisico, in virtù della stessa anima, unita ad un corpo spirituale, si espande e si rapporta al tempo divino.
Per questo il tempo umano è misurato dal tempo fisico, perché non è rinchiuso in se stesso, ma è in rapporto col creato ed è pure misurato da quello divino perché fondato in esso e relazionato ad esso in virtù dello spirito. Il tempo umano non è fondato da quello fisico, né, viceversa, il tempo fisico è fondato da quello umano, ma entrambi sono inscritti nell'eternità stessa di Dio. La concezione kantiana dello spazio e del tempo, come semplice condizione non dell'esistenza delle cose, ma della possibilità del loro manifestarsi a noi attraverso l'esperienza, è falsa ed empia. Credere che il significato del tempo si debba rinchiudere nell'uomo è cieca follia di colui che non vede oltre la punta del proprio naso.
E' diabolica menzogna di chi mette se stesso al posto di Dio. E' vero che fu S. Agostino ad aprire la strada per una interpretazione del tempo come dimensione umana, ma Agostino, fedele alla Scrittura, vede sempre il tempo umano nel suo fondamento divino. La speculazione moderna rinchiude l'uomo nel proprio tempo, negando qualsiasi rapporto col divino e con l'eterno.
Cosa dire poi di coloro che concepiscono soltanto un universo finito, come finito è l'uomo e finita è la materia? Ma la retta ragione, quale è presente nel bambino stesso, non offuscata dalla malizia del peccato, grida che, quand'anche la materia fosse finita, lo spazio è infinito. Come concepire lo spazio, se non infinito? Ma se lo spazio è infinito, allora anche la materia deve essere infinita. Che senso ha parlare di uno spazio infinito e di un universo finito? Non è detto lo spazio firmamentum  ( fondamento ), ovvero ciò che è preordinato ad accogliere la materia? Su un fondamento infinito non si può gettare se non una materia infinita.
Ma…, si dirà, i concetti di universo infinito e di tempo eterno non si possono comprendere! Forse è vero solo ciò che possiamo comprendere? Misero quell'uomo che crede solo alla propria verità! La vita e ciò che appare con essa è un mistero. Bisogna aprire il proprio cuore e la propria mente a Colui che è fondamento di ogni mistero.
Quanto è sottile l'astuzia della ragione umana nel negare Dio! Essa pretende una sua verità che va contro ogni logica evidenza, perché non è più fondata in Dio, ma si è “autofondata” come Dio.
Un'ultima considerazione riguardo al terzo e quarto giorno. Sta scritto che Dio, nel terzo giorno creò le prime forme di vita e nel quarto il sole e gli astri tutti. Viene spontaneo chiedersi come sia possibile che la comparsa della vita vegetale preceda la creazione del sole, dal momento che la luce e il calore sono indispensabili per la nascita e l'accrescimento delle piante. Sarebbe più logico pensare che dapprima sia il sole e la sua luce come condizione "sine qua non" per ogni forma di vita. Evidentemente Genesi ci mette in guardia da ogni concezione evoluzionistica del mondo, che escluda il continuo intervento di Dio. Vi è un divenire nella creazione, ovvero un passaggio da forme inferiori a forme superiori; ma ciò non avviene per un impulso o moto proprio dell'universo, ma per volontà di Dio, ovvero attraverso un atto creativo, che  ripetendosi continuamente, si esprime in maniera sempre nuova e sempre più ricca e complessa. Il divenire dell'universo si inserisce nell'essere stesso di Dio, è concepibile soltanto come frutto dell'operazione divina, che mai abbandona l'universo a se stesso, ma continuamente crea forme nuove e conserva, custodisce ciò che ha già creato. Donde ricevono la vita gli esseri vegetali? Dal sole? No, certamente, ma da Dio stesso, il quale, unico fondamento e principio della vita, dapprima crea ogni erba e ogni pianta e poi ciò che materialmente fornisce loro energia, ovvero la luce del sole. Vi è poi un'altra considerazione riguardo al valore del creato. Nonostante la vita sia preceduta dalla materia inorganica, in quanto non esiste, nella nostra realtà, vita senza materia, gli esseri viventi sono, tuttavia, qualitativamente superiori rispetto agli esseri inorganici. Da questo punto di vista vengono prima, o meglio, sono prima come valore, in quanto ciò che è puramente materiale viene creato in funzione dell'essere vivente. Così le forma vegetali si pongono su di un piano superiore rispetto alla pura materia; al di sopra dei vegetali stanno gli animali e al di sopra di questi, l'uomo.
Possiamo evidenziare una creazione che passa dal più semplice al più complesso o, viceversa, sottolineare come il più semplice sia creato per l'accrescimento e lo sviluppo del più complesso e quindi venga dopo. Si tratta di aspetti che in Genesi si sovrappongono e si confondono in entrambi i racconti della creazione. Il primo racconto vuol sottolineare il passaggio dal semplice al complesso: ciononostante ci dice che gli esseri vegetali sono creati prima della luce. Il secondo racconto vede la creazione dal punto di vista del valore e, paradossalmente, ci dice che Dio creò, dapprima, l'uomo e poi tutto ciò che è per l'uomo, ovvero il giardino di Eden, da cui traeva sostentamento e, infine, gli animali. Queste contraddizioni dei due racconti non sono spiegabili se non come evidente intenzione di sottolineare aspetti diversi e altrettanto essenziali della creazione. Ciò va detto, soprattutto ,per coloro che volendo sezionare con mentalità scientifica la Scrittura, perdono di vista la fondamentale unità dei due racconti. Non si tratta, innanzitutto di due tradizioni diverse, ma di un'unica rivelazione e di un unico spirito, che attestano l'insondabile profondità della sapienza divina. Cercate nella Scrittura la coerenza e la consequenzialità del pensiero scientifico? Non la troverete.
Cercate il mistero dell'infinita sapienza divina? Attingerete ad una fonte perenne, che sgorga sempre viva e inesauribile, tale che nessun pensiero umano potrà mai cogliere tutta l'abbondanza del suo dono.

“20 Disse anche Dio: Producano le acque ciò che striscia di anima vivente e ciò che vola sopra la terra, sotto il firmamento del cielo.
21 E creò Dio i grandi cetacei e ogni anima vivente e dotata di movimento che le acque avevano prodotto secondo la loro specie e ogni volatile secondo il suo genere.  E vide Dio perché fosse buono 22 e li benedisse, dicendo: Crescete e siate moltiplicati e riempite le acque del mare e gli uccelli siano moltiplicati sopra la terra. 23 E fu fatto di sera e di mattina: giorno quinto.”

Iddio crea nell'acqua le prime forme di vita animale, ovvero i pesci e, nello stesso giorno, crea gli uccelli del cielo. E' la prima volta che nella Scrittura si parla di esseri dotati di anima vivente. Contrariamente alla concezione filosofica greca che attribuiva un'anima a tutto ciò che ha vita e quindi anche ai vegetali, per la Scrittura soltanto l'essere motabile ( dotato di motilità ), che è in qualche modo cosciente e intelligente, possiede un'anima. Impossibile per l'uomo capire cosa sia la coscienza e l'intelligenza animale. Certamente è di qualità diversa rispetto a quella dell'uomo, incapace di rapportarsi al fondamento e al fine della vita.
Giova sottolineare l'espressione: Producano le acque ciò che striscia di anima vivente e ciò che vola sopra la terra". Con ciò non si vuol certamente alludere ad una sorta di evoluzionismo nei termini materialistici, ovvero di una vita che appare misteriosamente dalle acque, secondo principi e germi immanenti alle acque stesse, ma definire un ambito di sviluppo e di accrescimento che è costantemente guidato dall'atto creativo. I pesci sono creati da Dio con le acque e dalle acque, perché in esse crescano e si moltiplichino. Interessante notare come gli stessi uccelli del cielo siano creati con le acque, per sottolineare una qualche analogia, dal punto di vista del valore, tra gli esseri del mare e quelli del cielo. Essi sono, in un certo senso, gli animali più lontani dall'uomo, in quanto essere creato dalla terra e per la terra. Anche l'uomo è stato creato per il dominio dei cieli e dei mari, ma, indubbiamente, ogni essere ha ricevuto da Dio un proprio spazio e caratteristiche proprie, diverse da creatura a creatura. E' vero che esistono animali che vivono sia nell'acqua, sia sulla terra, uccelli che volano in cielo e camminano in terra e nuotano nell'acqua, ma sempre "iuxta genus suum", ovvero secondo caratteristiche e attributi dati da Dio e peculiarità proprie, irriducibili le une alle altre. Quanto detto va inteso relativamente alla creazione che e' prima del peccato originale. Dopo Eden, non si può escludere, anzi è pienamente compatibile con le parole di Genesi, una concezione dell'universo che si evolve da forme più semplici a forme più complesse.
"E creò Dio i grandi cetacei e ogni anima vivente e dotata di movimento che le acque avevano prodotto secondo la loro specie e ogni volatile secondo il suo genere".
Dio crea facendo suo il prodotto delle acque: l'evoluzione della vita è fondata in Dio e da Lui guidata. La materia non viene continuamente creata ex novo, ma formata in modo diverso, nelle acque e sulla terra, per opera di Dio e conforme alla Sua volontà. Ma altra è la dimensione essenziale, altra è quella esistenziale. In Eden l'evoluzione è guidata da Dio, non conosce ambiguità e contraddizione di sorta: non morte né violenza alcuna, ma il passaggio da forme più semplici a forme sempre più belle e complesse nell’ambito della specie originaria.
Non ci può essere passaggio o trasformazione di una specie ad un’altra; sarebbe come a dire che un’idea divina, si trasforma in un’altra. E ciò che non si può dire della dimensione essenziale, cioè prima del peccato, neppure si può dire di quella esistenziale, dopo il peccato.
Non è affatto dimostrato dalla ricerca scientifica che una specie si trasformi al punto da dar origine ad un’altra. Al contrario è documentato dai resti fossili che i cambiamenti avvengono sempre all’interno della stessa specie.
Non solo Adamo era destinato a crescere, ma anche il creato era destinato a crescere con lui, sotto gli occhi del Creatore. Ben altra è l'evoluzione dopo la caduta: seppur fondata in Dio, porta in sé i germi del peccato e della morte, per colpa di Adamo.

“24 Disse anche Dio: Produca la terra l'anima vivente secondo il suo genere, i giumenti, i rettili e le bestie della terra, secondo la loro specie. E fu fatto così. 25 E fece Dio le bestie della terra secondo la loro specie e i giumenti e ogni rettile della terra, secondo il suo genere.”

Nel sesto giorno Dio crea gli animali terrestri, che rappresentano il preludio alla creazione dell'uomo, per formare attorno a lui come una corona di esseri, che, pur qualitativamente inferiori, tuttavia più gli assomigliano. L'ateismo moderno, ingannato dalla propria ragione, vuol collocare l'uomo sullo stesso piano degli altri animali, con l'unica differenza che l'uomo sarebbe una forma di vita più evoluta e più complessa. Tipico esempio di questa mentalità è l'evoluzionismo, che vuol derivare la vita dell'uomo da quella della scimmia. In questa prospettiva la parola rivelata non esprime il pensiero di Dio, ovvero la verità, ma è frutto di una certa cultura e di un certo tempo, ai quali mancavano gli strumenti di indagine e di verifica, propri dei nostri tempi. La ragione umana resta colpita dagli aspetti di somiglianza che accomunano l'uomo all'animale e dà ad un essi un rilievo tale da misconoscere la fondamentale diversità che esiste tra un qualsiasi animale e l'uomo.
Che cosa spinge l'uomo a collocarsi sempre più su di un piano animale, se non una coscienza che si è allontanata dalla fonte della vita, così da non riconoscere più nella parola di Dio, la propria parola, ovvero la parola che Dio ha dato solo all'uomo e che le altre creature non possono comprendere? Che cosa distingue l'uomo dall'animale, in assoluto? L'intelligenza? Il linguaggio? No, certamente! Perché anche gli animali possiedono un'intelligenza e un linguaggio, ma nessun animale possiede la Parola, ovvero la capacità di comunicare e di rapportarsi al fondamento e al fine della vita. Si è mai visto un animale pregare? Ma, ecco che ciò che è peculiare dell'uomo viene inteso come una distorsione della propria natura, come una forma di alienazione dal proprio essere animale. Mentre sta scritto che l'uomo è ad immagine di Dio, e quindi deve svilupparsi sempre più in questa somiglianza, l'empio vuol assimilarsi ai bruti, per diventare sempre più bruto.
Quanto più l'uomo vive secondo la volontà di Dio, tanto più riconoscerà se stesso proiettato in una dimensione divina; quanto più vive secondo gli animali e come gli animali, tanto più vede se stesso in una dimensione puramente biologica e zoologica.
Il problema non è di ordine razionale ed intellettuale, ma di ordine morale. Vivi come vuole Dio? Ti riconoscerai simile a Lui. Vivi come un animale? Ti riconoscerai tra i bruti. In definitiva ognuno è, al riguardo, quel che vuol essere. La riduzione della parola dell'uomo ad un semplice strumento o mezzo di sopravvivenza, indifferente ai valori trascendentali, nasconde un diabolico inganno: la parola dell'uomo non  sarà mai la parola dell'animale. Vi è una naturale bontà del linguaggio animale, che è data da Dio stesso; ma la parola dell'uomo è in un rapporto libero e responsabile con il suo fondamento e il suo fine. O si esprime secondo Dio, o si esprime secondo Satana. Allorché rinnega il Creatore, non si assimila semplicemente ai bruti, ma diventa peggiore, in quanto porta con sé la forza di distruzione e di perdizione del Satana. Certamente la teoria che assimila l'uomo ad un qualsiasi animale è un sottile ritrovato del diavolo, il quale, se da un lato giustifica un'esistenza animalesca, dall'altro nasconde una verità ancora più triste e mostruosa: l'uomo lontano da Dio, è molto al di sotto degli animali. Costoro non conoscono ribellione al Creatore e hanno, pur sempre, una loro dignità. L'empio, al contrario, è schiavo di un disordine interiore, mal celato e dissimulato da uno spontaneismo animalesco, il quale ha come fine la perdizione e la dannazione eterna. Ritrovare il fondamento e il fine della parola: questo lo scopo primo ed ultimo della vita.

 

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